I SOGNI DEI BAMBINI
Siccome avevo preso un altro brutto voto, mio padre mi disse:
- Va bene, allora oggi verrai con me a lavorare. Così vedrai come si fatica!
Mio padre faceva il giardiniere, e andava in giro per i giardini altrui. Andava a potar piante, rastrellare foglie e tagliare erba col suo potente tagliaerba.
Quel giorno doveva occuparsi niente meno del giardino dei terribili Lorchitruci.
I Lorchitruci erano la famiglia più ricca e potente della collina. A me facevano paura due cose di loro: il nome, perché mi veniva da pensare a degli orchi molti truci; e il giardino, appunto, perché era chiuso da una muraglia gigantesca dietro la quale chissà che cosa mai si nascondeva.
In realtà, nessuno conosceva bene la famiglia Lorchitruci, chi fossero davvero, cosa facessero; si erano trasferiti da poco in paese, o per meglio dire, nella villa in cima alla collina, isolata e raggiungibile soltanto attraverso una tortuosa stradina.
- Forza! Dobbiamo andare, carica gli attrezzi sul furgone e partiamo.
Poco dopo arrivammo di fronte alla villa, mio padre azionò il telecomando ed il cancello si aprì, lento e maestoso. Scaricammo gli attrezzi ed iniziammo a lavorare. Il giardino era enorme, perfettamente circolare ma, desolatamente spoglio: solo prato ed una fontana nel centro, spenta.
- Ma che tipi sono, questi Lorchitruci?
- Non lo so, figliolo; non li ho mai visti.
- Ma allora, come fai ad avere le chiavi della villa?
- Me le ha date il loro maggiordomo, la prima volta che sono venuto.
- Peccato, ero proprio curioso di vederli: con un nome così, chissà che personaggi!
- Adesso basta chiacchiere e iniziamo a lavorare.
Mentre raccoglievo foglie e rametti, lungo il muro di cinta notai una piccola breccia, forse una crepa mal riparata. Presi il cacciavite che avevo in tasca ed iniziai ad allargare quella piccola fessura.
- Paolo! Vieni, è finita la miscela.
- Arrivo, un attimo!
- Ma che stai facendo?
- Niente, niente. Adesso arrivo!
In realtà, mi era venuta un'idea un po' pazza: questo posto mi incuriosiva e così decisi che sarei tornato quella notte stessa per dare un'occhiata, ovviamente dal foro che avevo appena fatto nel muro.
Come previsto, al calar del sole il lavoro fu terminato, salimmo sul furgone e lasciammo la villa; arrivederci a stanotte pensai, mentre il pesante cancello si richiudeva alle nostre spalle.
Dong, dong. la pendola dell'ingresso segnava le ventitre e papà e mamma erano ormai a letto da un paio di ore, pesantemente addormentati.
Bene, era ora di andare. Uscii furtivamente da casa, senza fare rumore; pochi passi ed ecco la mia bici.
La luna, già alta nel cielo, fortunatamente illuminava la strada privata, priva di lampioni, che conduceva a villa Lorchitruci.
Passai di fronte al cancello, costeggiai il muro perimetrale del giardino e raggiunsi il foro fatto nel pomeriggio; la visuale sul parco e sulla villa era perfetta.
La versione completa della fiaba è presente nella raccolta Tempo di Racconti, disponibile alla pagina I LIBRI >>