IL LIBRO MAGICO
Era una calda mattina di fine estate e Serena, in villeggiatura nella casa in montagna dei nonni, si recò alla biblioteca del paese, che il sindaco Rubecchio aveva deciso di chiudere.
La biblioteca era attaccata alla scuola elementare, ormai chiusa da anni. Ora il sindaco aveva deciso di ristrutturare l'intero edificio e trasformarlo in uffici comunali, per questo motivo aveva invitato tutti i compaesani a verificare se al suo interno ci fosse qualcosa di loro interesse - mobili, quadri, libri, qualsiasi cosa - prima di avviare le operazioni di sgombero, previsto per l'inizio settembre.
La vecchia biblioteca aveva sempre attirato l'attenzione di Serena, purtroppo però era sempre chiusa: spesso sbirciava dalle finestre e vedeva quegli scaffali pieni di vecchi libri; ora finalmente avrebbe potuto entrare e sfogliarli, curiosare al loro interno, alla ricerca di chissà quali storie meravigliose.
La biblioteca era composta da un paio di stanzoni pieni di scaffali polverosi e da un lungo bancone, coperto con un lenzuolo ormai liso e ingiallito dal tempo, dove lavorava il signor Grauco, vecchio compagno di scuola del nonno Lorenzo.
L'ambiente era avvolto nella penombra, le imposte delle finestre infatti cadevano a pezzi e non si potevano aprire completamente, ed all'interno si udiva il vociare di alcuni bambini che scorrazzavano fra gli scaffali, mentre i genitori sfogliavano i volumi appoggiati qua e là sul bancone. Sulla porta, il segretario comunale controllava distrattamente la situazione, registrando via via quello che le persone decidevano di portare a casa.
"Manca mezz'ora a mezzogiorno - diceva - fra un po' si chiude!"
Serena gironzolava curiosa fra gli scaffali, quando la sua attenzione fu attirata da uno scrigno in legno, chiuso con un vecchio lucchetto: provò ad aprirlo ed al suo interno scorse un vecchio libro, rilegato in cuoio e con le scritte dorate. Sembrava una cosa preziosa: si sedette nell'angolo, proprio sotto la finestra semi, aprì il libro ed iniziò a leggere.
Il mio nome e' Juan Pablo de la Cortuada, governatore delle isole Fucados, dignitario alla corte di Spagna di Sua Eccellenza Re Federico.
Quello che state per leggere e' il diario della missione che mi e' stata affidato da Sua Eccellenza l'anno passato, ovvero esplorare e prendere possesso, in nome della corona di Spagna, dei territori di Las Rocas, un'isola avvistata due anni or sono dalla flotta del comandante Gutierrez, in rotta verso le Indie.
Una missione durata molti mesi, ricca di sorprese, stani accadimenti e misteri, come quello di questo diario; ma procediamo con ordine.
Dopo un intero anno di preparativi, di studio delle carte geografiche, di scelta degli uomini, di approntamento della nave e dell'equipaggio, lasciammo Cadice il 15 dicembre dell'anno domini 1753, a bordo della Santa Cruz del comandante Xavier Costados.
Secondo i piani di navigazione del comandante, avremmo dovuto raggiungere Las Rocas dopo circa 5 mesi di navigazione, sempre che i venti e l'oceano non ci fossero troppo ostili.
Fortunatamente tutto procedette senza grossi intoppi, facemmo rifornimento di acqua e cibo a Palmaria nel mese di febbraio e , come previsto del comandante Xavier, al tramonto del 24 maggio, anno domini 1754, fummo in vista di Las Rocas.
Finalmente il giorno tanto atteso era arrivato: l'indomani saremmo sbarcati ed io, nel nome di Dio e del mio Sovrano, avrei preso possesso dell'isola, annettendola ai territori del Regno di Spagna.
Anno domini 1754, 25 maggio: il vessillo del regno di Spagna garriva sulla spiaggia di Las Rocas: una breve cerimonia, la celebrazione della messa ed ecco che anche questa isola sperduta nell'oceano diventava parte del Regno di Re Federico, ed io, suo umile servitore, ne divenivo governatore pro-tempore.
Il comandante del vascello, Xavier Costados, si era congedato e aveva diretto la Santa Cruz al largo: poche ore e le sue vele non erano più visibili neanche all'orizzonte.
Avevamo due mesi di tempo per portatre a compimento la nostra missione, il giorno 25 del mese di luglio infatti la Santa Cruz sarebbe tornata per portarci nuovamnte in patria.
Tutti gli uomini della spedizione erano al lavoro: il comandante Alvarez aveva chiamato a raccolta i suoi soldati e organizzava i turni di guardia, il mio luogotenente, Don Carlos de la Coruña, sovraintendeva all'allestimento del campo mentre Don Pedro, il cartografo della spedizione, aveva preparato i suoi strumenti e iniziava a tracciare i primi riferimenti.
Pochi giorni e l'accampamento fu completo e ben sorvegliato dai soldati del comandante Alvarez. Secondo le prime staffette, l'isola sembrava disabitata, non c'era traccia di indigeni, nessun villaggio, nessun segno di presenza dell'uomo.
"Caspita, è tardissimo - pensò Serena - speriamo che non mi abbiano chiuso dentro!"
Ma dalla porta di ingresso la voce del segretario riportò Serena alla realtà "Signori, mezz'ora e si chiude!"
"Che strano - pensò Serena - mancava mezz'ora alla chiusura quando ho aperto lo scrigno".
Ripose il libro nello scrigno, chiuse il lucchetto e si avviò all'uscita, rivolgendosi così al segretario.
"Buongiorno, sono Serena, la nipote del signor Lorenzo! Posso prendere questo scrigno o devo tornare con il nonno?"
"Prendilo pure Serena, se ti fa piacere; in fondo, è solo una vecchia scatola" e scoppiò a ridere.
Serena si allontanò veloce dalla biblioteca, soddisfatta del suo bottino. "Che ingenuo quel signore - pensò - non si è neanche accorto che questa 'vecchia scatola' in realtà contiene un prezioso volume."
Quando giunse a casa, la voce di nonna Lisa la avvertì che il pranzo sarebbe stato in tavola a breve: "Vai a posare questa scatola in camera tua, lavati le mani e vai ad avvisare il nonno!".
Tuttavia, appena giunta in camera si sedette sul letto, aprì lo scrigno e ne trasse il libro.
Lasciammo il campo all'alba il giorno primo del mese di giugno: in testa un drappello di soldati, armati di machete per liberare il passo, seguivano i portatori e a chiudere gli altri soldati. Io ed il mio luogotente, insieme al comandante Alvarez, procedevamo a cavallo, Don Pedro sul mulo con gli strumenti, gli altri uomini a piedi. In tutto la spedizione contava circa quaranta persone. La giungla era molto fitta, si procede a fatica ed il caldo umido era insopportabile, ma il problema più grosso erano le zanzare.
Due soldati e un portatore furono infatti assaliti dalla febbre alta, non potendo accompagnarli indietro al campo, decidemmo di lasciarli in una piccola radura, con un po' di acqua e viveri, ma soprattutto con una pistola.Passarono ancora molti giorni di cammino, tutto sembrava inutile, non c'era nulla se non giungla, sempre piu' fitta ed inviolabile, ma proprio quando tutto sembrava ormai inutile, raggiungemmo una ampia radura, al centro della quale - meraviglia! - sorgeva una città fortificata.
"Accidenti - pensò Serena - la nonna sarà furiosa, non sopporta chi arriva tardi al pranzo".
Ma di nuovo la voce di nonna Lisa la riportò alla realtà.
"Serena, chiama il nonno! 10 minuti ed è pronto!".
La versione completa della fiaba è presente nella raccolta Tempo di Racconti, disponibile alla pagina I LIBRI >>