I PIRATI BUONGUSTAI
Joseph era l'ultimo dei quattro figli del terribile Barbanera, corsaro dei mari del sud.
Fin da bambino fu abituato a vivere sulle golette corsare, addestrato nella lotta e nella spada ed istruito nell'arte della navigazione e della razzia.
A differenza dei suoi fratelli però il giovane Joseph non gradiva questo genere di vita, tuttavia la paura di poter contrariare il temuto padre gli aveva sempre impedito di manifestare questo suo disappunto.
Passarono gli anni ed i fratelli, ormai cresciuti, vennero avviati dal padre all'onorevole carriera di corsaro.
Un giorno Barbanera abbordò un vascello spagnolo e dopo averlo depredato, lo donò al figlio maggiore, assieme ad una bandiera pirata appena cucita da un membro della ciurma.
La settimana successiva fu il turno di una nave olandese da donare al secondo figlio, per finire con una goletta portoghese, donata al terzogenito.
Era rimasto solo più Joseph, il più piccolo, ma Barbanera non lo riteneva ancora pronto a solcare i mari con un vascello tutto suo.
“È ancora giovane, un po' inesperto” diceva Barbanera al suo fidato secondo, ma tutti a bordo sapevano che Joseph non sarebbe mai stato un temibile pirata e nessuno della ciurma avrebbe voluto far parte del suo equipaggio.
Passarono altri due anni di duro addestramento alla vita corsara, finchè un giorno il padre lo ritenne finalmente pronto al grande passo.
Quando la vedetta avvistò un vascello spagnolo, Barbanera pensò: “È l'occasione che aspettavo! Lascerò a Joseph il compito di guidare l'abbordaggio e se l'assalto avrà successo, quella diventerà la sua nuova barca”.
Pochi colpi di cannone, un abbordaggio da manuale e Joseph e i suoi compari saltarono sul ponte della sfortunata nave.
Depredarono tutto ciò che c'era, fecero prigionieri gli uomini dell'equipaggio e presero possesso dell'imbarcazione.
“Amici e compagni – esordì Barbanera – il giovane Joseph ha dimostrato che non ha più nulla da imparare dal suo vecchio padre”. Poi, chiamato a sè il figlio, continuò: “Il vascello che hai appena conquistato ora è tuo. Vai e onora la filibusta!”.
Con queste parole, salutò il figlio e tornato sulla sua goletta si allontanò velocemente.
“Eccomi qui – pensò allora Joseph – da solo, con una manciata di tagliagole come equipaggio e una bandiera nera con un teschio issata sull'albero maestro”.
L'equipaggio era in attesa di ordini, ma soprattutto era in attesa d sapere con quale nome il loro comandante avrebbe voluto farsi chiamare.
I fratelli non avevano brillato per originalità, il primo si era fatto chiamare Barbablù, il secondo Barbarossa e l'altro Barbaverde; Joseph pensò che la tradizione di famiglia doveva essere rispettata e così decise di farsi chiamare Barbagialla.
Forte di questo terribile nome, incominciò a guidare il suo vascello in cerca di nuove avventure: iniziò così un lungo periodo di scorribande, assalti e combattimenti con le navi di ogni nazionalità.
Di tanto in tanto, in rada all'isola della Tortuga, incontrava il padre o uno dei suoi fratelli, tutti quanti ormai affermati pirati e con una pesante taglia sulla testa.
A differenza dei suoi fratelli però Joseph continuava a non amare quel genere di vita, anzi era sempre più stufo di passare interi mesi per mare, mangiando male e bevendo peggio, con addosso vestiti che puzzavano di salsedine e di rhum.
Fu così che un giorno, quando dalla torretta d'avvistamento la vedetta avvistò una goletta spagnola che trasportava mercanzie, decise di attaccarla.
I suoi uomini rimasero un po' perplessi da questa decisione, ma ubbidirono al loro comandante.
Le golette da trasporto non era propriamente il tipo di imbarcazione che i pirati amavano attaccare; normalmente preferivano abbordare i galeoni su cui viaggiavano i nobili con le loro ricchezze.
L'impresa si dimostrò molto facile; le golette infatti non erano armate di cannoni e trasportavano solo pochi soldati.
Una volta a bordo andarono nelle stive per razziarne il contenuto; trovarono alcuni lingotti d'oro e una casetta di dobloni, ma sopratutto c'era carne e formaggi in abbondanza, ottimo vino, brandy e vestiti di buona fattura.
Quella sera, a bordo del vascello pirata, la razzia venne festeggiata con un abbondante banchetto, confrontabile per quantità di vino e cibo solo con le più pazze feste alla Tortuga.
Tutto ciò rese Barbagialla molto apprezzato dal suo equipaggio; cominciò così una nuova stagione di ruberie e scorribande, sempre orientate alle navi da carico e coronate da colossali mangiate.
Intanto, la notizia di queste imprese cominciò a rimbalzare di isola in isola, fin anche alla Tortuga, dove Barbagialla ed i suoi compari vennero scherzosamente chiamati “i pirati buongustai”.
L'eco di queste scorribande arrivò anche a Santa Fè, sede della guarnigione del Governatore, dove proprio in quei giorni era atteso un importante convoglio con le provviste per l'intero inverno.
Il Governatore era molto preoccupato per questa spedizione, perchè a bordo delle navi – oltre alle provviste – c'era anche una persona a cui egli teneva particolarmente.
Decise quindi di inviare alcune fregate incontro al convoglio, ma Barbagialla fu più veloce nell'intercettare e depredare le navi da trasporto.
E questa volta Barbagialla e i suoi pirati, oltre al solito bottino di oro, viveri e stoffe, trovarono a bordo della nave ammiraglia un'inattesa sorpresa.
Fra i prigionieri catturati sul vascello di testa vi era infatti il famoso Gaz Pacho, cuoco reale alla corte di Spagna, espressamente voluto dal Governatore per allestire il banchetto di Natale.
Quando Barbagialla seppe di aver fatto prigioniero il famoso Gaz Pacho, fu molto felice: il suo cuoco di bordo era infatti una persona piuttosto rozza e di sicuro non abituata a cucinare i cibi prelibati che venivano serviti sulle tavole dei nobili; piu' volte infatti era capitato che, non conoscendo le primizie trovate a bordo delle navi rapinate, le gettasse a mare senza curarsene.
La versione completa della fiaba è presente nella raccolta Fiabe alla Carta, disponibile alla pagina I LIBRI >>